CAPODIMONTE E BISENZIO
CAPODIMONTE E BISENZIO
Età del bronzo per un abitato sul promontorio di Capodimonte e anche per Bisenzio, che fu poi un importante centro etrusco e romano.
Il primo documento in cui viene citato Capo di Monte risale al 1102.Il paese fu a lungo dipendente dai Conti di Bisenzio, successivamente passò sotto l'orbita di Orvieto e infine fu assegnato nel 1385 alla famiglia Farnese, i quali edificarono la rocca che ancora oggi domina l'abitato.Nel 1649, con la caduta del Ducato di Castro, Capodimonte entrò nello Stato Pontificio.
Il suo insediamento ha origini antiche e dubbie. La presenza stabile sembra risalire al 1200 sotto il dominio della famiglia Aldobrandeschi. Fu Successivamente dominio della chiesa
e residenza estiva del papa fino al 1758.
Nella profondità del monte Tabor (56 m s.l.m.) fu scavata nel tufo la “Malta dei Papi”
orribile carcere a vita a cui ci si accede per mezzo di un pozzo lungo 30 metri
destinato agli ecclesiastici che si macchiavano di eresia.
Nel IX secolo fu rifugio degli abitanti di Bisenzio invasa dai Saraceni. A metà del 1200 passò sotto il dominio dei signori di Bisensio che presto l’abbandonarono. Così nel 1261 fu annessa alla Chiesa. Venne però distrutta da Ludovico il Bavaro, scomunicato dal Papa e accusato d’eresia.
Nel 1400 fu proprietà dei Farnese. In questi anni l’isola visse un periodo di gran prosperità , ospitò numerosi Papi ed i Farnese. L’isola passò anche sotto il ducato di Castro. Nell’Ottocento, torna nuovamente alla Chiesa come residenza estiva dei papi fino al 1758. Divenne infine proprietà privata della famiglia aristocratica dei Principi del Drago, signori del castello di Bolsena.
DAL MUSEO ETRUSCO DI VILLA GIULIA ROMA (Da Wikipedia)
Museo Nazionale di Villa Giulia a Roma. (Da: TripAdvisor)
Da Wikipedia
FIBULA
Orlo distinto scavato, corpo globulare, alto piede a tromba, anse a maniglia oblique impostate sul punto di massima espansione; decorata con motivi geometrici a pittura rossa profilati in nero
olla globulare biansata
Vasca a profilo angolare, orlo decorato con zig-zag reso da tre linee a cordicella,
c.s.
c.s.
Parete concava, orlo svasato, vasca bassa a profilo rettilineo, piede troncoconico. Superficie nerastra

Nel punto più alto del centro storico di Capodimonte, su uno scoglio vulcanico che affaccia sul Lago di Bolsena, sorge il Palazzo Farnese, più comunemente detto “La Rocca”.
Esso fu fatto costruire sulla base a pianta quadrangolare del più antico castello dei Signori di Bisenzio
dalla famiglia Farnese, nel XV secolo, su disegno di Antonio da Sangallo il Giovane.
Egli realizzò una fortezza – villa di forma ottogonale che nel tempo divenne
luogo di ospitalità di Pontefici, artisti e politici.
Il ponte levatoio che si apriva sulla bella facciata artistica è stato sostituito da un ponte in muratura a due arcate.
Oggi il Palazzo Farnese è circondato da un giardino con alberi monumentali e da siepi e aiuole
che con il loro disegno “all’italiana” creano numerosi angoli di relax.
Nell’Ottocento furono introdotte le prime piante esotiche come la magnolia, le palme e gli oleandri,
che ad oggi costituiscono un importante patrimonio arboreo.
Attualmente la Rocca di Capodimonte è di proprietà privata,
una parte è destinata all’accoglienza turistica e le visite sono consentite solo su richiesta.
Una curiosità : a Capodimonte e alla sua Rocca Farnese è legata la storia di
che molti studiosi affermano sia nata proprio nelle stanze di questo palazzo.
La dama e l'unicorno, opera di Luca Longhi. Forse un ritratto di Giulia Farnese.
Nella prima età del ferro il centro occupava un'area di circa 100 ettari, rilevata rispetto al fondovalle assunse una certa importanza. In età etrusca Bisenzo era conosciuta per la produzione artigianale di calzature e ceramiche, oggi conservate nei musei di tutto il mondo. In questo periodo, si scontrò duramente con la città di Vulsinii (Orvieto) per il dominio del lago, scontro vinto da quest'ultima città che, infatti, impose il suo nome al lago stesso che, in seguito, i Romani chiamarono Lacus Volsiniensis. Il centro ebbe una certa importanza solo fino circa al 500 a.C. Distrutta dai Romani, fu ricostruita e rimase un municipio nell'orbita della città di Vulci.
In età cristiana, Bisenzo fu sede vescovile. Distrutta e saccheggiata dai saraceni e dai longobardi, la sede vescovile fu spostata a Castro. A seguito di tali eventi molti sopravvissuti si rifugiarono nei centri del circondario.
Nel 1254 vi fu edificato un castello che estese il suo potere nell'area del lago e si scontrò duramente con i comuni di Orvieto e Viterbo. Nel 1269, per volere di papa Bonifacio VIII, venne incamerata nel Patrimonio di San Pietro e, nel corso del Quattrocento, passò sotto il controllo dei Farnese, entrando nel 1537 nel ducato di Castro.
A causa della malaria, Bisenzo fu gradualmente abbandonata e, nel 1816, con un editto di papa Pio VII, venne unita a Capodimonte.
Nell'area archeologica di Bisenzo sono stati rinvenuti numerosi manufatti e sepolcreti etruschi sia di fase villanoviana sia delle successive fasi Orientalizzante e Arcaica. Molte tombe sono state saccheggiate e danneggiate dall'azione dei "tombaroli".
Il seppellimento dei cadaveri non era permesso all’interno della città ; per questo le sepolture non toccavano la sommità e i declivi della maestosa collina, dove sorgeva invece l’abitato con la sua arx (l’acropoli) e, forse, con i suoi templi (alla triade celeste Tinia, Uni e Menrva, rispettivamente Giove, Giunone e Minerva). Molto probabilmente, come abbiamo detto, era una possente cinta muraria che separava le abitazioni dalle necropoli rinvenute ed esplorate. Esse sono: Piana di San Bernardino, Bucacce, Porto Madonna, Polledrara, Olmo Bello, Piantata, Palazzetta, Poggio della Mina, Fontana del Castagno, Poggio Sambuco, Valle dello Spinetto, Valle Saccoccia, Grotte del Mereo, Poggio Falchetto, ecc.
- Numerosi i vasi di pregevole fattura: ad impasto rosso dipinti con motivi geometrici bianchi (white on red), in bucchero (argilla nero-lucida ottenuta tramite fumigazione in ambiente chiuso), ceramica attica d’importazione a figure nere su fondo rosso o giallo. La presenza nei corredi di vasi per liquidi (vino, acqua, latte, olio), come anfore, oinochoai e olpai (brocche), kylikes (coppe) e hydriai (grossi vasi a tre manici), tripodi (vasetti a tre piedi), crateri e colini rivela non solo la ricchezza e il rango sociale dei defunti, ma anche l’importanza rituale del vino nel passaggio all’aldilà . E ancora: ciotole, tazze, askoi (piccoli vasi a un’ansa usati per conservare e versare l’olio nelle lampade), olle, aryballoi (piccoli vasi per unguenti e profumi). Caratteristici della produzione bisentina sono i piccoli vasi accessori (a volte interi servizi da mensa), i vasi doppi, i vasi a corpo di volatile, quelli a botticella e gli antichissimi vasi “a barchetta” della prima fase villanoviana, i quali conferiscono alle manifatture di Bisenzio un tratto di originalità e di riconoscibilità .
Necropoli dell'Olmo Bello.
di imitazione greca, oggetti in bronzo e di oreficeria, molti dei quali risalenti alla fase detta “orientalizzante” (fine VIII-inizi VI sec. a.C.), denotano una grande maestria artigianale, influenzata dall’ampliamento dei contatti di Bisenzio con i centri dell’Etruria costiera
dove circolavano prodotti originali greci, in primo luogo con Vulci e Tarquinia,
nelle cui sfere di influenza si venne a collocare e i cui commerci favorirono
la fusione della cultura etrusca con lo spirito ellenico.
(seconda metà dell’VIII sec.a.C.)
OPERE IN BRONZO DA ALTRE LOCALITA'
Del lungo periodo medievale e post-medievale a Bisenzio resta poco o nulla, in quanto i materiali del Castello di Bisenzo e dell’abitato circostante sono stati riutilizzati in epoca rinascimentale per costruire nuovi edifici nel “borgo” dell’odierno Capodimonte, anche quelli dell’antica cattedrale di Bisenzo, dedicata a S. Giovanni Evangelista, che era situata sulla sommità della collina.
Dopo la caduta di Castro (1649) e il ritorno del territorio sotto il dominio della Chiesa, sappiamo che nel 1790 la castellania di Capodimonte, Marta e Bisenzo venne concessa in enfiteusi (diritto di pieno godimento dietro pagamento di un canone annuo) da papa Pio VI al marchese Pietro della Fargna (Stanislao Poniatowski) che vi rinunciò nel 1804, perché troppo onerosa. Nel 1805 passò in enfiteusi perpetua alla famiglia Brenciaglia. Nel 1822 passò alla famiglia Torlonia e, più tardi, per affrancazione definitiva, alla famiglia Brenciaglia (che già l’aveva in enfiteusi).
La coesistenza pacifica delle due comunità di Capodimonte e Bisenzo proseguì fino al 1816 quando, finalmente, papa Pio VII aggregò ciò che restava della comunità di Bisenzo a quella più grande di Capodimonte che divenne, così, erede dell’antica e ormai scomparsa città etrusco-romana di Visentium, antica dominatrice del lago, gradualmente ed inesorabilmente decaduta fino a spegnersi all’inizio del XIX secolo.











































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